LA STORIA DELLE 
FRANCHIGIE FISCALI

Le franchigie fiscali in Italia rappresentano degli strumenti di politica economica utilizzati per favorire lo sviluppo di determinate zone o settori specifici dell’economia. Esse sono state adottate in diverse forme nel corso degli anni, con l’obiettivo di stimolare gli investimenti, promuovere l’occupazione e favorire lo sviluppo delle regioni meno sviluppate del Paese.

Una delle prime forme di franchigia fiscale adottata in Italia risale agli anni ’50, con l’istituzione delle Zone Economiche Speciali (ZES) nelle regioni del Mezzogiorno, al fine di incentivare lo sviluppo industriale e commerciale del Sud Italia. Tuttavia, questo progetto non ottenne i risultati sperati e fu soggetto a critiche e controversie.

Successivamente, negli anni ’90, sono state istituite le Zone Franche Industriali (ZFI) con l’obiettivo di promuovere gli investimenti industriali e l’export, offrendo agevolazioni fiscali e doganali alle imprese che vi si insediarono. Queste zone erano soggette a regimi fiscali agevolati e all’esenzione o riduzione delle imposte per un periodo limitato di tempo.

Nel corso degli anni, le franchigie fiscali sono state oggetto di dibattito e revisione da parte delle autorità nazionali e dell’Unione Europea, al fine di garantire la conformità alle normative comunitarie in materia di concorrenza e aiuti di Stato.

Oggi, le franchigie fiscali in Italia sono utilizzate in diversi contesti e settori, come ad esempio nelle zone portuali, nelle aree di sviluppo industriale, nelle aree rurali e in alcuni settori specifici dell’economia, al fine di favorire la competitività delle imprese e lo sviluppo territoriale.

È importante sottolineare che l’utilizzo delle franchigie fiscali deve avvenire nel rispetto delle normative nazionali e comunitarie, garantendo trasparenza, equità e coerenza con gli obiettivi di politica economica e sociale del Paese.

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